La chiesa abbaziale è in stile romanico, la pianta è rettangolare e le navate sono tre. Essa porta i segni delle ristrutturazioni avvenute nel tempo e si possono trovare elementi architettonici risalenti a epoche diverse (di tipo alto medievale, cinquecenteschi e novecenteschi). La forma attuale è probabilmente dovuta alla commenda di Matteo Giberti.
Il 14 maggio 1527 papa Clemente VII affidò in commenda l'ambita e contesa Abbazia di Rosazzo al fedele vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti. Le devastazioni che questa abbazia subì nel 1509, in seguito agli episodi guerreschi conseguenti alla costituzione della Lega di Cambrai, avevano devastato l'antico complesso abbaziale. L'abate commendatario si impegnò in un radicale restauro dell'abbazia rosacense. La direzione dei lavori, terminati nel 1533, venne affidata al nobile cividalese Venceslao Boiani e l'esecuzione del paramento pittorico, concluso nel 1535, venne affidato al pittore manierista veneto ed allievo del Giorgione, Francesco Torbido (Venezia 1482/83 – Verona 1562). Quest'ultimo giunse in Friuli accompaganto dal genero Battista dell'Angelo, e in pochi mesi realizzò scene incastonate in un impianto architettonico rinascimentale ed immerse in un delicato e suggestivo paesaggio tonale, portando nel periferico Friuli temi e modi della pittura veneziana e dell'Italia centrale.
Gli episodi narrati nella decorazione del presbiterio abbaziale riguardano scene della vita del santo titolare, San Pietro apostolo.
La Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor occupa per intero il semicatino absidale imponendosi fin dall'entrata all'attenzione del fedele. Il fulcro è nel gruppo del Cristo affiancato dai profeti Mosè ed Elia, avvolto in schiere di nubi azzurine modellate da una luce dorata che abbaglia il giovane apostolo Giovanni, costringendolo a coprirsi il volto col mantello, affiancato da Giacomo e Pietro.
Sulla parete di sinistra viene rappresentata la Vocazione di Pietro e Andrea inquadrata
dalle consuete cornici novecentesche, mentre sulla parete di destra viene rappresentata la Pesca miracolosa sul lago di Genezaret.
Tra le crociere della volta absidale, ben distinti da festoni sgargianti ritarenti rose rosse e bianche (quest'ultime molto probabilmente sono un riferimento alla rosa di Rosazzo), vengono rappresentati i simboli dei Quattro evengelisti: l'angelo per Matteo, il leone per Marco, il bue per Luca e l'aquila per Giovanni.
Nell'arco trionfale è visibile la Madonna con Bambino e Santi.
Questi affreschi hanno subìto tre cicli di restauri: il primo verso la fine dell'Ottocento, il secondo nei primi anni del Novecento e l'ultimo, frutto di quello che oggi si può ammirare, nei primi anni Duemila (2003-2007). Quest'ultimo è stato il restauro più importante e sostanziale. Le superfici affrescate presentavano cedimenti d'intonaco con vaste zone ridipinte a tempera e macchie d'umidità con parti opache. Nei precedenti restauri, il lavoro del Torbido subì rimaneggiamenti perchè, nel tempo, era abbastanza diffusa l'idea di "rinnovare" gli affreschi con una nuova pittura la quale ha nascosto per anni l'opera originale alterandone così anche la lettura d'insieme.